Lo scorso marzo eravamo stati a Bihac, in Bosnia, a portare un po’ di colore e calore all’interno del “Bira”, un centro accoglienza per oltre 2000 rifugiati.
Qui sotto con Hamid, un ragazzo pakistano con cui ho mantenuto i contatti, davanti ad uno dei murales fatti.
Siamo tornati, questa volta per fare degli altri murales e rallegrare i bambini e le famiglie con lo spettacolo di Tony&Friends.
Come l’altra volta, ci siamo appoggiati ai meravigliosi volontari dell’IPSIA e dello IOM, che stanno dedicando giornate e mesi a questa difficile situazione e che ammiro immensamente. Purtroppo, si capiva dall’atmosfera pesante e tesa, che le cose stanno peggiorando e che con le presenti strutture Bihać non riescono a far fronte all’influsso crescente di gente.
Non voglio analizzare qui la complicata situazione perchè servirebbero pagine, ma solo parlare degli incontri, questa volta soprattutto con genitori e bambini, per la maggior parte provenienti dall’Afghanistan, dall’Iraq, dall’Iran e dalla Siria. Devo confessare che non mi viene per niente facile parlarne. Anch’io madre, mi sono immedesimata nelle storie che mi hanno raccontato questi coraggiosi genitori, in viaggio da mesi e anche da anni, in fuga da guerre, minacce, violenze, in cerca di un futuro migliore, che sembra a volte solo un miraggio, ma che li tiene in vita. Le umiliazioni e soprusi che hanno sofferto sono indescrivibili. Alcuni hanno perso il marito o la moglie durante la via e devono continuare questo cammino impervio da vedovi perchè tornare indietro non è un’opzione e perchè vogliono offrire ai loro figli un po’ più di sicurezza e benessere.
Per alcuni giorni non riuscivo a dormire e rivedevo tutti questi visi, il sorriso mite di questa gente in cammino, i racconti dei bimbi che già alla loro età hanno assistito e subito troppa violenza. Spero che questo mio scritto possa aggiungere qualcosa alla “goccia” della nostra ultima visita.
Ecco qui il primo spettacolo presso il centro accoglienza “Sedra”, a Cazin, un paese nei pressi di Bihać.
Due ore a fare palloncini per tutti i bimbi che spuntavano da ogni angolo!
Qui con delle mamme siriane.
Il giorno dopo siamo tornati ad abbellire con dei murales le pareti esterne di questo edificio che ospiterà un punto di ritrovo e anche un salone da parrucchiera.
Meravigliosi bimbi (e anche birbanti).
Siamo poi andati a fare uno spettacolo al “Borici”, un’altra struttura a Bihać che accoglie famiglie e che recentemente è stata ristrutturata.
Ho parlato con queste mamme palestinesi, già profughe in Siria e ora alla ricerca di un paese che le accolga, pronte a camminare per giorni coi loro bambini, su per i monti… Mi ha particolarmente colpito il racconto di un papà iracheno, in viaggio con il suo bimbo (la mamma non c’è più), fra l’altro con una patologia al cuore.
Altre centinaia di palloncini!
E alla fine, uno spettacolo per la comunità Rom presso il centro “Ružica”.
E questa è la storia delle due rane, un incoraggiamento a non arrendersi!
Una rana grande e una rana piccola caddero in un secchio di latte. Nuotarono e nuotarono per ore cercando di uscirne, ma invano, perché le pareti del secchio erano lisce e scivolose. La rana grande, esausta, gemette: «Sorella ranocchietta, io mi arrendo e mi sdraio ad aspettare la morte».
La rana piccola pensò tra sé e sé: «Arrendersi significa morire, quindi continuerò a nuotare». Trascorsero due ore e la piccola rana aveva le zampette così stanche che pensava di non farcela più, ma guardando la rana morta, scosse la testa e ripeté: «Arrendersi significa morire, quindi continuerò a scalciare fino alla morte, se questo è il mio destino. Non smetterò di provare, perché finché c’è vita c’è speranza!». Così, ebbra di determinazione, la piccola rana continuò ad agitare le zampine. Dopo un po’, mentre si sentiva ormai quasi paralizzata e senza speranza, all’improvviso sentì sotto di sé qualcosa di solido. Con grande gioia vide che il latte, addensatosi per il movimento incessante delle sue zampe, si era trasformato in un grosso pezzo di burro. Felice ogni oltre dire, la piccola rana saltò fuori dal secchio di latte, verso la libertà.